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Sonia Bari

LA STORIA (E RIVOLUZIONE) DEL PANE

pane appena sfornato

La storia del pane, in qualsiasi cultura, costituisce nelle sue varie forme una tradizione e una base solida di alimentazione. Che sia piatto, senza lievito, a lunga conservazione, dolce, salato o senza glutine.

Nella sua forma più essenziale il pane può essere composto da farina (di qualsiasi cereale) e acqua. Quello che ha permesso, in un’epoca vagamente datata, di ottenere un prodotto ‘tecnologicamente avanzato’ è stata probabilmente la casualità della cottura, verosimilmente nel periodo storico in cui l’uomo ha cominciato a domare il fuoco.

Il pane inoltre, ha sempre avuto un certo potere ‘politico’: basti pensare che nel 1942, a seguito del razionamento dovuto alla Guerra, fu stabilito che ogni adulto avesse diritto a 200g di pane al giorno (circa 4 fette dell’odierno pane in cassetta). Più avanti nel tempo molte delle sommosse tra ‘regnanti’ e ‘popolo’ sono spesso state causate dall’aumento dei prezzi del pane (un esempio storico lo troviamo anche ne ‘I promessi sposi’), vuoi per un cattivo raccolto, vuoi per le spese di trasporto, perfino adesso si sente spesso fare l’esempio del prezzo del pane come ‘indice’ dell’inflazione.

Insomma, il pane e i panificati, in Italia soprattutto, hanno una certa importanza: essendo il pane un ingrediente versatile, costituisce, soprattutto nelle ricette di tradizione contadina, la base dell’alimentazione umana sin dai tempi più antichi.

Oltre alla farina e all’acqua, una cosa importantissima che cambia considerevolmente la texture del pane sono i lieviti, a cui nel tempo si sono aggiunti ingredienti più o meno complessi: latte, burro, olive, semi di girasole, patate….per ottenere sempre un prodotto gustoso e fragrante, dalla durata variabile.

La lievitazione infatti, prima di diventare chimica o istantanea, è stata anch’essa una scoperta casuale dovuta, ad onor del vero, anche al fatto che le pratiche igieniche non fossero minimamente applicate.

Il pane lievitato naturalmente infatti altro non è che farina e acqua lasciati a ‘fermentare’ a temperatura ambiente per qualche giorno: i batteri e i lieviti presenti nelle nostre mani o sulle superfici, con le giuste temperature e i nutrienti disponibili, iniziano a popolare il nostro impasto e grazie alla maglia glutinica permettono un aumento di volume che in cottura si traduce in un prodotto fragrante, dalla crosta dura e dall’interno soffice e alveolato.

Andiamo dunque con ordine.

La farina: sebbene per ottenere prodotti soffici e ben lievitati sia consigliato usare la farina 00, un po’ per tradizione e un’po’ per preferenza personale, nelle mie ricette tendo ad utilizzare anche la farina di semola, che da una consistenza più compatta, molto utile per la tostatura di una croccantissima bruschetta.

L’acqua: la fonte di vita. Per una buona riuscita consiglio sempre di usare acqua tiepida (max 37° per non uccidere i lieviti) e di aggiungere un po’ di zucchero se usiamo il lievito secco.

Il lievito: i migliori risultati, inutile dirlo, si ottengono con il lievito madre che però va trattato esattamente come un animale domestico: va curato quando si ammala e va nutrito e rinforzato costantemente. Ho fatto qualche tentativo e resta sinceramente il mio preferito. Tuttavia la vita frenetica mi porta ad utilizzare spesso quello secco. Non ha nessuna differenza rispetto al lievito di birra in panetto, se non che si conserva molto più a lungo e occupa 1/3 dello spazio essendo quasi liofilizzato.

Il sale: io lo aggiungo sempre alla fine, prima della seconda lievitazione che precede la cottura.


Consiglio: se desiderate accelerare la lievitazione senza perdere qualità, potete preriscaldare il forno a 50° gradi e lasciare per due ore il pane a lievitare coperto da un canovaccio inumidito.


Nei prossimi articoli parleremo in dettaglio di ognuno dei componenti del pane e delle loro proprietà.



In attesa, se volete cimentarvi, vi lascio qui la ricetta.

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